🎧 ASCOLTA IL RIASSUNTO:
Il mondo si trova di fronte a uno scenario economico che desta preoccupazione, con gli Stati Uniti al centro di una dinamica che potrebbe ridefinire gli equilibri globali. Il loro deficit pubblico, che sfiora il 7% del PIL, non è una novità se paragonato a paesi come Italia o Giappone, ma assume contorni inquietanti per la scala dell’economia americana e il suo impatto sul futuro. In questo scenario economico complesso, il protezionismo di Donald Trump, con i suoi dazi, non è solo una politica commerciale: è una strategia per affrontare un debito insostenibile e piegare il resto del pianeta. Teoricamente, i dazi dovrebbero ridurre il deficit commerciale, ma la storia e la teoria economica ci avvertono dei rischi, e i dati sulla bilancia commerciale, come quella tra Italia e USA, mostrano quanto sia in gioco. È uno scenario economico che ci fa rabbrividire: un colosso che cerca di finanziarsi drenando il risparmio mondiale, con conseguenze che potrebbero ricordarci i fallimenti del passato e un domani di instabilità.
Il Deficit USA e la Corsa al Risparmio Mondiale
In questo scenario economico globale, gli Stati Uniti devono attrarre quasi tutto il nuovo risparmio generato ogni anno per coprire il loro deficit, a differenza dell’Italia, per cui quel 7% è una frazione gestibile dei risparmi mondiali. Il protezionismo – che usa dazi per limitare le importazioni e favorire la produzione interna – dovrebbe, in teoria, stimolare l’industria locale e trattenere ricchezza nel paese.
Tuttavia, economisti come David Ricardo sostengono che i dazi distorcono i vantaggi comparati, riducendo l’efficienza globale e aumentando i costi interni^1. Storicamente, la Tariffa Smoot-Hawley del 1930 alzò i dazi su oltre 20.000 beni negli USA per proteggere l’industria, ma finì per tagliare il commercio globale del 66% e peggiorare la Grande Depressione^2. Per gli Stati Uniti di oggi, con un’economia che si regge sul “signoraggio del dollaro e sulla disponibilità di credito internazionale”^3, questo non basta: il debito è schizzato da 600 miliardi di dollari nel 2016 a oltre 3.000 miliardi nel 2020, e i dazi di Trump sembrano più un’arma per “alleggerire la pressione fiscale” e finanziare questo buco^4.
La bilancia commerciale Italia-USA, con un surplus italiano di 43 miliardi di euro nel 2023, mostra come l’Italia esporti molto più di quanto importi dagli USA (67,3 miliardi di euro contro 25,2 miliardi), un disequilibrio che Trump vuole riequilibrare^35. Il consigliere economico di Trump lo ha detto senza giri di parole: o le banche centrali straniere comprano debito americano – titoli a lungo termine, magari con scadenze di un secolo e tassi irrisori – oppure le esportazioni verso gli USA vengono punite con tariffe pesanti^5.
È una strategia disperata che va oltre la teoria classica del protezionismo, trasformando i dazi in uno strumento di coercizione globale per drenare risorse altrui, come fece la Gran Bretagna nel XIX secolo imponendo il commercio dell’oppio alla Cina per finanziare il suo impero, con esiti disastrosi per i cinesi^6.
Per le aziende italiane, ciò significa rischio: i dazi potrebbero rendere i loro prodotti meno competitivi negli USA, il secondo mercato di sbocco dopo la Germania, colpendo settori come moda e agroalimentare. Il futuro di questo scenario economico ci appare come un tunnel oscuro, dove il bisogno americano di finanziarsi potrebbe stritolare chiunque non si pieghi, lasciandoci un’eredità di tensione globale simile a quella degli anni ’30, con i dazi che promettono forza ma spesso consegnano debolezza.
L’Impatto dei Dazi sugli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, i dazi si stanno rivelando un boomerang che colpisce più duramente di quanto previsto dalla teoria economica, plasmando uno scenario economico interno sempre più fragile. Il protezionismo, in principio, mira a proteggere i posti di lavoro interni tassando i beni stranieri per renderli meno competitivi rispetto a quelli locali, ma ha un lato oscuro: aumenta i costi per i consumatori e le imprese che dipendono dalle importazioni.
Teoricamente, i dazi possono stimolare la produzione interna solo se esiste una capacità sostitutiva locale, ma molti economisti, come Milton Friedman, avvertono che spesso finiscono per penalizzare i consumatori senza reali benefici a lungo termine^7. Negli USA, questo effetto è amplificato: l’inflazione galoppa, con le politiche di Trump che hanno un “forte impatto inflazionistico” e frenano le mosse della Federal Reserve^8. I prezzi dei beni importati schizzano alle stelle, erodendo il potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto dei ceti medio-bassi già in bilico^9, con una perdita stimata di “1.300 dollari l’anno” per nucleo familiare tra rincari e un PIL che arranca^10.
Trump minimizza, definendolo un “piccolo dolore nel breve termine”, ma i costi si vedono ovunque: cosmetici, alcolici, elettronica, tutto diventa più caro^11. I dazi agiscono come “una tassa su consumatori e imprese”^12, un effetto collaterale noto agli economisti, ma qui esasperato dalla scala dell’economia americana. Per i consumatori statunitensi, i prodotti italiani – dal Parmigiano alla moda – diventano più costosi, riducendo la domanda e colpendo indirettamente le aziende italiane che dipendono da quel mercato.
Pensiamo alla Gran Bretagna degli anni ’20 del XIX secolo: i Corn Laws proteggevano i produttori agricoli con dazi sui cereali, ma fecero salire i prezzi del pane, impoverendo i lavoratori e portando a proteste sociali^13. Le grandi aziende USA, però, non sembrano preoccuparsene: mentre i cittadini vedono il loro tenore di vita sgretolarsi, le multinazionali incassano profitti, spingendo per mantenere queste misure che le favoriscono a scapito della popolazione.
Ci chiediamo con ansia: quanto durerà questa illusione di forza in questo scenario economico? Il futuro degli americani appare fragile, intrappolato tra una teoria protezionistica che non funziona come promesso e una realtà di sacrifici che ricorda i fallimenti storici, imposti da chi comanda davvero, dietro le quinte.
Gli Effetti dei Dazi sugli Altri Paesi
Fuori dai confini americani, i dazi scatenano un’onda d’urto che travolge economie e società, delineando uno scenario economico globale sempre più instabile e mostrando il lato più brutale del protezionismo. In teoria, i dazi servono a riequilibrare la bilancia commerciale, ma spesso innescano ritorsioni e guerre commerciali che danneggiano tutti i coinvolti. Gli economisti moderni, come Paul Krugman, notano che i dazi possono avere successo solo in mercati isolati, ma in un’economia globalizzata provocano perdite nette per tutti^14.
Il Canada, colpito da tariffe al 25% su acciaio e alluminio, ha tassato 20,7 miliardi di dollari di prodotti USA, come computer e attrezzature sportive, e ha lanciato l’“Economic Black-out Day” per boicottare giganti come Walmart e Amazon, promuovendo alternative locali con app come “Maple Scan”^15. Il Messico è sull’orlo del baratro: i dazi minacciano 20,475 miliardi di dollari per 89 milioni di famiglie, mettendo in ginocchio settori chiave come l’automotive e l’elettronica, con un impatto “catastrofico” che potrebbe favorire la Cina nel lungo termine^16.
In Cina, tariffe su 50 miliardi di dollari di beni hanno acceso rappresaglie feroci^17, mentre in Europa i consumatori boicottano marchi simbolo come Coca-Cola e Nike, e in Svezia le vendite Tesla sono crollate del 44% a gennaio 2025^18. Il Giappone trema per le sue industrie^19, e ovunque si respira un’aria di ribellione mista a paura. Per l’Italia, con un export verso gli USA di 67,3 miliardi di euro nel 2023, i dazi minacciano settori chiave come la meccanica e l’agroalimentare, riducendo la competitività e rischiando perdite miliardarie per le aziende^35.
È quello che accadde negli anni ’30 con Smoot-Hawley: i paesi europei risposero con dazi propri, il commercio globale crollò del 66%, e la depressione si aggravò^20. Questa escalation va oltre la teoria: i dazi non solo riducono il commercio, ma destabilizzano economie dipendenti dagli scambi globali, colpendo i cittadini con prezzi più alti e meno opportunità. Il futuro globale di questo scenario economico ci spaventa: se questa pressione continua, vedremo nazioni spezzate e popoli stremati, un’eco degli anni ’30, mentre gli Stati Uniti usano il protezionismo come un’arma per imporre il loro volere a qualunque costo, ignorando che la teoria prevede più perdenti che vincitori.
Coercizione Economica e Divisione dell’Europa
Al centro della strategia di Trump c’è una coercizione economica spietata, che piega la teoria del protezionismo a un obiettivo più sinistro e crea uno scenario economico europeo sempre più frammentato. Tradizionalmente, i dazi proteggono i mercati interni, ma qui diventano uno strumento di potere: gli Stati Uniti vogliono “ridurre la dipendenza dall’estero e mantenere la leadership tecnologica”^21, e Trump ha minacciato l’Europa con un ultimatum chiaro – “Comprate il nostro petrolio e gas, o vi colpiremo con i dazi” – per costringerla a finanziare il debito americano^22.
Questo significa spingere le banche centrali a comprare titoli USA a tassi irrisori, una mossa che equivale a una confisca delle riserve sovrane altrui^23, andando ben oltre il semplice riequilibrio commerciale. In teoria, i dazi funzionano solo se i paesi colpiti non reagiscono, ma la storia e l’economia moderna dimostrano che le ritorsioni sono inevitabili, come insegnano le guerre tariffarie del XX secolo^24. L’Europa è il bersaglio perfetto: i “dazi diversi tra paesi europei” la dividono, indebolendo un blocco che, unito, potrebbe resistere, ma che ora dipende troppo dalle esportazioni verso gli USA^25.
La Germania cerca accordi separati, l’UE risponde tassando whiskey Bourbon, e in Danimarca il Salling Group promuove prodotti locali contro quelli americani^26. L’Italia, con il suo surplus commerciale verso gli USA, rischia di vedere le sue aziende – dalla moda ai macchinari – penalizzate da tariffe che ne riducono l’accesso al mercato americano, mentre i consumatori USA pagano di più per beni di qualità^^35. Storicamente, la Francia di Napoleone usò il Blocco Continentale per piegare economicamente l’Inghilterra, ma finì per danneggiare i suoi alleati più di quanto colpì il nemico^27.
È un gioco pericoloso: dividere l’Europa la rende vulnerabile, e le multinazionali ci guadagnano, sfruttando il caos per consolidare il loro potere. Ci angoscia pensare a cosa ci aspetta in questo scenario economico: un continente frammentato, incapace di opporsi, potrebbe diventare una pedina in un sistema dove il protezionismo non è più difesa, ma dominio, come un’eco delle ambizioni napoleoniche, con i dazi che promettono controllo ma rischiano di seminare rovina.
Rischi e Dominio delle Grandi Aziende
La strategia di Trump punta al dominio, ma i rischi sono enormi e il futuro ci terrorizza, delineando uno scenario economico globale che potrebbe precipitare nell’instabilità, come suggeriscono teoria economica e storia. Il protezionismo promette crescita interna, ma i dazi del primo mandato non hanno tagliato il deficit commerciale^28, e oggi “alzano l’inflazione e riducono gli scambi”^29, colpendo gli americani e innescando reazioni globali.
In Canada, Doug Ford rimuove prodotti USA dagli scaffali dell’Ontario^30; in Svezia, gruppi Facebook spingono per alternative locali^31; la Cina potrebbe approfittare del declino americano^32. La teoria economica ci dice che i dazi funzionano solo a breve termine e in contesti specifici, ma a lungo andare riducono la crescita globale, come argomentato da Adam Smith contro i mercantilisti del suo tempo^33. Pensiamo agli anni ’30: dopo Smoot-Hawley, le economie globali si chiusero in se stesse, e il risultato fu una depressione prolungata e, in parte, le condizioni per la Seconda Guerra Mondiale^34.
Le guerre commerciali del passato, come quelle tra USA e Giappone negli anni ’80, portarono tensioni senza risolvere gli squilibri. Oggi, i dazi destabilizzano il mondo, e le grandi aziende prosperano in questo caos, trasformando la politica in uno strumento per i loro profitti, mentre i cittadini – americani e non – pagano il prezzo con un tenore di vita in caduta libera. Per l’Italia, il surplus commerciale con gli USA (43 miliardi di euro) è a rischio: le aziende italiane potrebbero perdere quote di mercato, mentre i consumatori americani affrontano prezzi più alti per prodotti italiani di eccellenza^35.
Questo ci fa tremare: se gli Stati Uniti continuano a usare la minaccia dei dazi per piegare gli altri, il potere economico potrebbe schiacciare quello democratico, come negli anni ’30 quando il protezionismo alimentò crisi e conflitti. Ci immaginiamo un domani di instabilità e disuguaglianza in questo scenario economico, dove le nazioni più deboli crollano sotto il peso della coercizione e le multinazionali regnano sovrane, con il protezionismo che diventa il loro scudo. Il pensiero di un mondo così ci tiene svegli la notte, con la paura che il bisogno americano di finanziarsi diventi la rovina di tutti.
NOTE:
- Riferimento teorico: David Ricardo, teoria dei vantaggi comparati.
- Riferimento storico: Tariffa Smoot-Hawley, 1930.
- Formiche.net, 23 marzo 2025.
- Gianfranco Polillo, Formiche.net, 23 marzo 2025; Linkiesta.it, 26 febbraio 2025 (per il debito).
- la Repubblica, 21 dicembre 2024 (consigliere economico di Trump).
- Riferimento storico: Guerre dell’Oppio, XIX secolo.
- Riferimento teorico: Milton Friedman, critica al protezionismo.
- Il Sole 24 Ore, 6 novembre 2024.
- Fanpage.it, 28 febbraio 2025; Università Cattolica, 10 febbraio 2025.
- @emmevilla , X, 1 febbraio 2025.
- La Stampa, 25 marzo 2025; Today.it, 17 febbraio 2025.
- Università Cattolica, 10 febbraio 2025.
- Riferimento storico: Corn Laws, Regno Unito, 1815-1846.
- Riferimento teorico: Paul Krugman, analisi sul commercio globalizzato.
- Il Post, 12 marzo 2025; Corriere.it, 27 febbraio 2025.
- Wired Italia, 7 marzo 2025.
- Confindustria.it, non datato.
- Ilfattoalimentare.it, 26 marzo 2025; Economymagazine.it, 4 marzo 2025.
- Fanpage.it, 12 marzo 2025.
- Riferimento storico: Smoot-Hawley e crollo del commercio globale, anni ’30.
- Giulio Sapelli, Vatican News, 9 marzo 2025.
- la Repubblica, 21 dicembre 2024.
- Affarinternazionali, 11 febbraio 2025.
- Riferimento teorico: analisi sulle ritorsioni tariffarie.
- Confindustria.it, 1 febbraio 2025; Euronews, 24 ottobre 2024 e 21 marzo 2025.
- Il Post, 3 marzo 2025.
- Riferimento storico: Blocco Continentale, Napoleone, 1806-1814.
- ISPI, 8 novembre 2019.
- Money.it, 2 marzo 2025.
- Il Post, 12 marzo 2025.
- Euronews, 7 marzo 2025.
- Wired Italia, 7 marzo 2025.
- Riferimento teorico: Adam Smith, critica al mercantilismo.
- Riferimento storico: Smoot-Hawley e conseguenze, anni ’30.
- Dati Istat 2023, bilancia commerciale Italia-USA.