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Michela Bobbo
Quando le Multinazionali Erano Giovani e Innocenti (Più o Meno)
Le multinazionali americane sono il perfetto esempio del sogno americano in versione business: iniziano come piccole imprese, spesso in un garage, e finiscono per conquistare il mondo (o almeno provarci). Ma come siamo arrivati a questo punto? E soprattutto, come le percepisce la gente oggi? Spunti interessanti su quanto queste aziende abbiano influenzato la nostra vita quotidiana, dalle patatine che sgranocchiamo alle scarpe che compriamo con un clic.
Dunque, facciamo un salto indietro nel tempo. Prima che esistessero colossi come Apple, Amazon o McDonald’s, c’era un’America in piena industrializzazione, post-Guerra del 1812. È stato in quel momento che alcuni imprenditori decisero di espandere i loro affari oltre i confini nazionali. “L’ascesa del capitalismo industriale ha incentivato l’espansione internazionale di aziende americane in settori strategici come acciaio, petrolio e ferrovie“.
Ed è proprio qui che nascono i primi big boss del business. Pensiamo a Rockefeller con la Standard Oil o a Carnegie con l’acciaio. Non proprio simpatici filantropi all’epoca, ma comunque personaggi che hanno messo le basi per il capitalismo moderno. Le loro imprese si espandevano come un blob industriale, conquistando mercati e risorse ovunque possibile. A quel punto, il mondo si rese conto di un piccolo dettaglio: queste aziende non stavano solo vendendo prodotti, stavano letteralmente modellando le economie di intere nazioni.
Dal Boom al Boom Boom: Le Guerre e l’Età d’Oro del Capitalismo
Saltiamo un po’ avanti, arriviamo al XX secolo. Le multinazionali americane erano ormai delle forze della natura: industria pesante, petrolio, automobili, banche.
Ma poi… boom. La Prima Guerra Mondiale. Boom boom, la Seconda Guerra Mondiale. E ogni volta, dopo il disastro, ecco la resurrezione economica. L’America si conferma come il faro del capitalismo e, grazie a piani come il Marshall Plan, impone il suo modello economico ovunque possa.
“Il periodo post-bellico è stato caratterizzato dalla creazione di istituzioni economiche globali come il FMI e la Banca Mondiale, che hanno facilitato la crescita delle multinazionali americane“. Traduzione: gli Stati Uniti hanno imposto le regole del gioco e le multinazionali hanno giocato alla grande.
E il pubblico? Beh, la gente amava comprare prodotti americani, ma allo stesso tempo iniziava a preoccuparsi del loro impatto. Cosa succede quando un’azienda diventa più potente di un governo? Tema alquanto contemporaneo, no?
UPS: Un Pacco Ben Confezionato
Per capire meglio come funziona il mondo delle multinazionali oggi, ho analizzato il caso di UPS, azienda per la quale lavoro. Ora, per molti di noi, UPS è solo quel corriere che ci porta i pacchi di Amazon o che ci lascia biglietti minacciosi se non siamo a casa. Ma in realtà, è un colosso della logistica con una storia interessante.
Fondata nel 1907 con un prestito di 100 dollari, UPS è passata dall’essere un piccolo servizio di consegne a una delle aziende più grandi al mondo, operante in oltre 220 paesi. “La filosofia? Non più grandi, ma più efficienti“. E infatti, hanno investito miliardi in automazione, sostenibilità e innovazione.
Certo, non tutto è perfetto. Come ogni multinazionale, UPS ha ricevuto critiche per le sue pratiche lavorative e per l’impatto ambientale della sua gigantesca flotta di veicoli. Ma rispetto ad altre aziende, sembra stia facendo qualcosa per migliorare e non lo dico in quanto parte in causa.
Perché la Gente Non Ama le Multinazionali?
E qui arriviamo alla parte più succosa, quella che mi hai suggerito di aggiungere col questionario quantitativo per capire come le persone percepiscono le multinazionali, e la risposta è stata… beh, diciamo che non tutti sono fan sfegatati. “La maggioranza degli intervistati esprime scetticismo e sfiducia verso le multinazionali, con critiche legate a etica aziendale e trasparenza“. E non è difficile capire perché.
Le persone non si fidano perché:
- Spesso pagano meno tasse di un lavoratore medio grazie a scappatoie legali.
- Delocalizzano la produzione nei paesi dove i costi del lavoro sono bassissimi.
- Hanno un impatto ambientale spesso catastrofico.
- Influenzano pesantemente la politica con lobbying aggressivo.
D’altra parte, senza le multinazionali, probabilmente non avremmo le stesse innovazioni tecnologiche e accesso immediato a prodotti da tutto il mondo. Insomma, un rapporto di amore-odio.
Michela Bobbo
Quale Futuro per le Multinazionali?
Quindi, dove stiamo andando? Le multinazionali diventeranno sempre più potenti o inizieremo a regolamentarle seriamente? Negli ultimi anni, grazie alla pressione pubblica e alle nuove normative, molte aziende stanno cercando di diventare più etiche e sostenibili. Per esempio, Amazon sta investendo in una flotta di consegne elettrica, McDonald’s sta riducendo la plastica nei suoi imballaggi, e perfino le banche iniziano a finanziare progetti green.
Ma sarà sufficiente? Io credo che “le multinazionali debbano bilanciare l’innovazione con la responsabilità sociale se vogliono mantenere un’immagine positiva“. E forse, per la prima volta nella storia, la pressione del pubblico potrebbe davvero fare la differenza.
Conclusione: Il Capitalismo Può Essere Migliore? Ci possiamo fidare delle multinazionali? Difficile dirlo. Da un lato, hanno portato progresso, tecnologia e benessere economico. Dall’altro, hanno spesso abusato del loro potere.
Forse, la soluzione sta in un capitalismo più regolamentato, dove le aziende sono incentivate non solo a generare profitti, ma anche a creare valore per la società. E chissà, magari un giorno, quando riceveremo un pacco da UPS, non ci chiederemo solo “cosa c’è dentro?“, ma anche “a che prezzo è arrivato fin qui?“.
Michela Bobbo
E voi… che ne pensate? Cosa avreste risposto al questionario?Update 08 maggio 2025: FONTI
A distanza di oltre un anno dalla sua pubblicazione, questo post è stato modificato in ottemperanza alla richiesta pervenuta dalla studentessa intervistata nel marzo del 2024. La studentessa ha espresso il desiderio di non essere menzionata per ragioni di privacy delle quali non sono a conoscenza e sulle quali non intendo indagare, presumendo che siano motivazioni personali o aziendali pienamente valide. Tengo a sottolineare che il mio contributo è stato determinante per il suo percorso di laurea, superando le iniziali perplessità espresse dal suo relatore riguardo al lavoro svolto. Ritengo inoltre che la visibilità offerta da questo articolo per oltre un anno possa aver rappresentato un valore aggiunto nel suo percorso professionale, considerando il suo ruolo manageriale in una grossa multinazionale. Sebbene comprenda e rispetti tale richiesta, desidero esprimere il mio rammarico per la rimozione di un contenuto che reputo interessante e che, grazie anche al mio prezioso apporto, ha contribuito al suo successo, come testimoniato dai ringraziamenti ricevuti dalla famiglia e dagli amici della studentessa, e dalla sua stessa riconoscenza.
Michela Bobbo