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ENI, il gigante energetico italiano, si è costruito un’immagine di leader globale capace di coniugare innovazione, sostenibilità e responsabilità sociale. Con campagne pubblicitarie che sembrano uscite da un film d’autore e una comunicazione corporate che trasuda valori universali, l’azienda si presenta come un faro di etica in un settore spesso sotto accusa. Parole come “rispetto”, “innovazione” e “cultura” dominano i suoi messaggi, accompagnate da visuals ipnotici e colonne sonore che catturano l’immaginazione.

Ma sotto questa superficie scintillante si celano interrogativi spinosi. Inchieste giornalistiche, rapporti di ONG e controversie ambientali in luoghi come Gela, il Delta del Niger e il Congo dipingono un quadro meno poetico, mettendo in discussione la coerenza tra il posizionamento strategico ENI e le sue pratiche operative.

Questo articolo scava nel divario tra l’immagine che ENI proietta e la realtà che emerge dalle sue attività, le sue campagne e le sfide future nell’era della transizione energetica. Prepariamoci a guardare oltre la sabbia artistica degli spot: il terreno potrebbe essere più accidentato di quanto sembri, e la verità meno malleabile di un’opera d’arte.

Gli Spot Iconici: Un Capolavoro di Comunicazione con Qualche Nota Stonata

Tra il 2010 e il 2011, ENI ha lanciato due campagne pubblicitarie che hanno ridefinito il concetto di comunicazione istituzionale. Nel 2010 abbiamo assistito a questo spot:

Internazionalità è una parola interessante che parla di popoli che si incontrano
Ricerca è una parola più difficile che richiede passione
Rispetto è una parola indispensabile
Con queste parole lavoriamo in più di 70 paesi per portarvi energia

Con la colonna sonora di Don’t stop di Fleetwood Mac (vedi traduzione italiana) – nella versione originale del 2002 per il 2010 e reinterpretata dalla talentuosa Erica Mou per il 2011 – e le suggestive performance di Ilana Yahav, un’artista emergente che realizza performance utilizzando la sabbia, questi spot sono un trionfo di estetica e narrazione (Eni – Don’t Stop – Sugar Music, La nuova campagna istituzionale della Eni porta ovunque il nome di Erica Mou).

Proseguito poi nel 2011 con quest’altro:

Innovazione è una parola per immaginare il futuro
Collaborazione è una parola per crescere insieme
Cultura è una parola da condividere
Con queste parole lavoriamo in più di 70 paesi per portarvi energia

la campagna istituzionale di ENI

Questi spot comunicano i valori su cui “si fonda l’azienda”, quindi più che una pubblicità di prodotto vanno intesi come una campagna istituzionale: l’azienda parla di sé, dei suoi obiettivi, dei suoi traguardi. Nel fare questo l’approccio comunicativo seguito si basa sull’esaltazione dell’estetica artistica. La bellezza delle realizzazioni su sabbia, a primo impatto, colpisce più di qualsiasi altro accorgimento comunicativo: parole e simboli si rafforzano vicendevolmente nella performance dell’artista e l’apprezzamento estetico ha il sopravvento sulla dimensione cognitivo-razionale.

Le parole chiave del 2010 – “internazionalità”, “ricerca”, “rispetto” – e del 2011 – “innovazione”, “collaborazione”, “cultura” – sono declamate con voci calde e avvolgenti, promettendo un’ENI che “lavora in più di 70 paesi per portarvi energia”. Prodotti da TBWAItalia, con la direzione creativa di Geo Ceccarelli e Alessio Riggi, copywriting di Andrea Fogar e voci narranti come Ivan Alovisio e Pia Lanciotti, gli spot non vendevano carburanti, ma un’idea: ENI come forza globale, etica e visionaria.

Queste campagne sono un tentativo di (ri)-posizionamento strategico, volto a trasformare ENI da “semplice” compagnia petrolifera a simbolo di valori universali Il (ri)-posizionamento strategico di Eni. Spot che lasciano, quindi, allo spettatore sensazioni positive, derivanti da un mix armonico di stimolazioni sensoriali: uditive, visive ma anche tattili. Ma mentre la sabbia si trasformava in immagini evocative, una domanda aleggiava: può un’azienda con un footprint ambientale e sociale così complesso ridursi a slogan poetici? La bellezza degli spot è innegabile, ma il sospetto che servano a mascherare qualche nota stonata inizia a farsi strada.

Estetica vs. Sostanza: La Magia della Narrazione Istituzionale

Le campagne di ENI non sono semplici spot pubblicitari: sono narrazioni istituzionali progettate per scolpire il posizionamento strategico ENI come brand globale, etico e innovativo. La scelta della sand art era tutt’altro che casuale: le immagini fluide e cangianti evocano trasformazione e creatività, mentre la colonna sonora di Don’t Stop trasmette ottimismo e continuità, un messaggio di resilienza e progresso. Il risultato è un’esperienza multisensoriale che cattura l’attenzione, forse intenzionalmente distogliendola da un’analisi più razionale.

Come insegna la sociologia del branding, i valori aziendali – come “rispetto” o “innovazione” – sono strumenti di identità e distinzione, che invitano gli stakeholder a condividere la visione del brand. Sul sito corporate di ENI, questi valori sono declinati con chiarezza, dipingendo un’azienda allineata alla sua mission di sostenibilità e progresso ENI – Sostenibilità. ENI ha cercato di associare il proprio brand a concetti di più ampia portata sociale, come la collaborazione e la cultura, per differenziarsi dai competitor e attrarre consenso.

Ma qui si apre una crepa: la percezione pubblica non sempre segue il copione. Gli spot, per quanto magistrali, sembrano puntare più a emozionare che a informare, lasciando spazio a un dubbio: siamo di fronte a un’autentica dichiarazione di intenti o a un caso di greenwashing mascherato da arte? Mentre la sabbia danza sullo schermo, cosa si nasconde davvero dietro le quinte?

Identità Dichiarata vs. Percezione Pubblica: Un Divario che Risuona Forte

Il posizionamento strategico ENI si fonda su pilastri classici del Branding: cultura aziendale, valori, mission, personalità del brand, identità visiva ed essenza. Questi elementi, ben orchestrati nella comunicazione ufficiale, dovrebbero creare un’immagine coerente e credibile. I valori sono il senso profondo di un individuo nei confronti di cosa è giusto e sbagliato, e per questo aiutano nella scelta fra decisioni alternative. I sociologi sono concordi nel ritenere che l’aderire a un valore implichi accorciare le distanze da quanti la pensano allo stesso modo e allontanarsi dai restanti, dunque un valore è anche un mezzo per stabilire identità e differenziazione.

Per la marca è lo stesso: i valori che essa comunica all’esterno costituiscono una proposta implicita fatta agli interlocutori di aderire al suo mondo. Se è vero che l’immagine costruita da ENI risulta coerente – come si evince per esempio osservando il sito web – con l’identità aziendale dichiarata ufficialmente, è anche vero che l’immagine di marca chiama in causa un ulteriore livello di valutazione, più importante: la percezione da parte del pubblico: il suo posizionamento.

Il vero banco di prova è la percezione pubblica, che spesso si discosta dalla narrazione aziendale. Il marketing è, tra le altre cose, volto alla creazione del valore per il cliente, e uno dei suoi scopi è creare un posizionamento della marca (brand) nella mente del consumatore attraverso tecniche di brand management. Inchieste giornalistiche e rapporti di ONG hanno messo ENI sotto una lente d’ingrandimento, e i risultati non sono sempre lusinghieri. A Gela, Sicilia, le operazioni del polo petrolchimico sono state associate a gravi problemi ambientali, con indagini che hanno rilevato contaminazioni da mercurio, idrocarburi e manganese (report di ARPA Sicilia e studi epidemiologici locali sono reperibili tramite ricerche accademiche o archivi giornalistici).

Nel Delta del Niger, il gas flaring ha devastato comunità locali, con impatti su salute e ambiente, nonostante ENI dichiari una riduzione del 90% di questa pratica Nigeria’s pioneering gas flaring plan risks going down in flames. In Congo, gli investimenti in sabbie bituminose e olio di palma minacciano foreste primarie, con il 70% delle aree di esplorazione che coincidono con ecosistemi fragili Eni’s Investment in Tar Sands and Palm Oil in the Congo Basin (rapporti di ONG come Amnesty International, Human Rights Watch e Friends of the Earth offrono dati aggiornati).

Non dimentichiamo il caso storico del DDT nel Lago Maggiore (documentato in articoli di cronaca e report ambientali Inquinamento da DDT nel Lago Maggiore), legato a stabilimenti poi assorbiti da ENI tramite Syndial, che riemerge come un’eco di responsabilità. Il pubblico percepisce un divario tra l’identità dichiarata di ENI e la realtà, con critiche che si amplificano sui social media e nei media tradizionali Il (ri)-posizionamento strategico di Eni. Con un palmarès di controversie del genere, non sorprende che il pubblico guardi agli spot con un misto di ammirazione e scetticismo, chiedendosi se “rispetto” e “cultura” siano valori autentici o semplici specchietti per le allodole.

Il Nodo dell’Etica: Spot Milionari o Impegno Concreto?

Di fronte a un’ondata di critiche, ENI ha cercato di riposizionarsi strategicamente, puntando sull’etica come leva per riconquistare la fiducia di stakeholder e consumatori. L’idea, che richiama le riflessioni di Amartya Sen sul rapporto tra etica ed economia, è che un’azienda percepita come etica possa integrarsi meglio nelle comunità e attrarre consenso. Ma qui scatta l’ironia: invece di concentrarsi su azioni concrete – come bonifiche tempestive, investimenti massicci in rinnovabili o maggiore trasparenza – ENI sembra preferire la via della comunicazione spettacolare.

Quando ONG come Amnesty International denunciano violazioni dei diritti umani legate al gas flaring in Nigeria How the gas flares in Nigeria are fuelling a health crisis, o quando associazioni come Legambiente segnalano ritardi nelle bonifiche a Gela, la domanda sorge spontanea: non sarebbe più efficace dimostrare l’etica con fatti tangibili, piuttosto che con campagne pubblicitarie da milioni di euro? Il tentativo di ENI di associare il brand a valori etici rischia di essere percepito come una mossa di facciata se non supportato da un cambiamento operativo profondo Il (ri)-posizionamento strategico di Eni.

Ci sorprende che cerchi di farlo attraverso una prolungata programmazione televisiva piuttosto che investire realmente per essere coerente con la mission dichiarata (ma certamente non ancora percepita). Gli spot sono belli, ma la fiducia si costruisce con azioni, non con la sabbia. E su questo, ENI sembra ancora in ritardo.

Transizione Energetica: Una Corsa Contro il Tempo e la Credibilità

Il posizionamento strategico ENI non può sottrarsi alla sfida della transizione energetica, un tema che domina il dibattito globale e condiziona le scelte di investitori, governi e consumatori.

Progetti come il Congo LNG, che mira a decarbonizzare la produzione di gas naturale, sono un passo nella giusta direzione, ma appaiono ancora troppo legati al paradigma fossile Eni opens its bio-refinery in Gela. Allo stesso modo, l’espansione di Eni Rewind, che si occupa di bonifiche ambientali, include iniziative come la gestione di suoli contaminati a Porto Marghera, ma i progressi sono lenti e spesso criticati Eni Rewind – Porto Marghera. Nel frattempo, il pubblico e gli investitori chiedono di più: una trasformazione profonda del modello di business, con investimenti significativi in solare, eolico e idrogeno verde.

Tuttavia, la transizione energetica richiede non solo investimenti, ma anche una comunicazione trasparente che dimostri un impegno reale, altrimenti il rischio è che le iniziative vengano percepite come greenwashing. Nell’era della trasparenza digitale, dove un’ Inchiesta Report andata in onda su Rai3 il 7.6.2009 (archivi RaiPlay e siti di ONG offrono materiali per ulteriori approfondimenti) e la replica dell’azienda in tempo reale su twitter confermano l’attenzione su ENI Inchiesta di Report sull’Eni: l’azienda replica in tempo reale su twitter, così come il Report 2008 ENI al New York Stock Exchange disponibili su ENI – Investitori, possono smascherare incongruenze in tempo reale.

Il divario tra narrazione e realtà rischia di diventare un boomerang. ENI ha le risorse e il know-how per guidare la transizione, ma deve decidere: continuare a incantare con la sand art o costruire un futuro dove “innovazione” e “rispetto” non siano solo parole, ma pilastri di una rivoluzione verde?

In conclusione, il posizionamento strategico ENI è un affascinante caso di studio, un gioco di specchi dove l’immagine patinata di un’azienda etica e innovativa si scontra con una realtà operativa piena di contraddizioni. Gli spot del 2010 e 2011, con la loro estetica raffinata e i messaggi universali, hanno catturato l’immaginazione, ma non riescono a nascondere le ombre di Gela, Nigeria e Congo.

Nell’era della transizione energetica, ENI ha un’opportunità unica per ridefinirsi come leader di un futuro verde, ma questo richiede coraggio: abbandonare la comfort zone della narrazione e affrontare le sfide con azioni misurabili. La credibilità di ENI dipenderà dalla sua capacità di allineare operazioni e comunicazione, trasformando i valori dichiarati in realtà tangibili.

Il (ri)-posizionamento strategico di Eni. Per ora, mentre la sabbia degli spot continua a danzare, il pubblico resta in attesa, con un misto di speranza e scetticismo. ENI, la palla è tua: sei pronta a sporcarti le mani per un pianeta più pulito, o preferisci restare nel tuo mondo di slogan e luci soffuse? Non ci resta che aspettare e vedere. Voi che ne pensate?

Update 15 maggio 2024:

In un mondo dominato dai criteri ESG (Environmental, Social, Governance), ENI è sotto scrutinio: quanto investe davvero in rinnovabili? Sta abbandonando le fonti fossili o si limita a un restyling verde? Nel 2024, il posizionamento strategico ENI è al centro del dibattito, con progressi significativi ma ombre che ne mettono a rischio la credibilità. Questo aggiornamento esplora i passi avanti, le criticità e la necessità di trasparenza per evitare l’etichetta di greenwashing.

ENI ha compiuto progressi notevoli. La biorefineria di Gela, operativa dal 2019, produce biocarburanti da oli vegetali usati e grassi animali, un esempio di economia circolare Gela biorefinery: the most innovative biofuel plant in Europe. Il progetto Waste to Fuel trasforma rifiuti in bio-olio e biometano, mostrando innovazione Eni – Waste to Fuel. Inoltre, il recupero di materiali da pneumatici fuori uso per bitumi sostenibili rafforza l’impegno circolare Eni – Economia Circolare.

Tuttavia, il passato pesa. Nel 2021, Eni Rewind è stata sequestrata a Gela per inadempienze nella bonifica di terreni contaminati, un colpo all’immagine aziendale ENI Gela mercury contamination. Sebbene nel 2024 Eni Rewind abbia intensificato le bonifiche, come a Porto Marghera, i progressi sono lenti Eni Rewind – Porto Marghera. Questi episodi sottolineano la necessità di azioni concrete per sostenere la narrazione verde.

Sul fronte rinnovabili, Plenitude ha raggiunto oltre 2 GW di capacità installata nel 2024, con impianti solari ed eolici in crescita Plenitude – Renewable Energy. La cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS), con il progetto pilota di Ravenna, mira a immagazzinare CO2 in giacimenti esauriti, con piani di espansione entro il 2030 Eni – Carbon Capture and Storage. Tuttavia, queste iniziative sono ancora marginali rispetto al core business fossile.

In sintesi, nel 2024 ENI mostra potenziale con progetti come Gela, Waste to Fuel, Plenitude e CCS, ma episodi come Gela 2021 alimentano scetticismo. Senza trasparenza e impegno concreto, il rischio è che tali sforzi appaiano come mosse di marketing. ENI ha le risorse per guidare la transizione, ma deve dimostrare che “innovazione” e “rispetto” sono realtà, non solo promesse.

Michela Bobbo

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